In vino veritas
3.06 del 3 Aprile 2011, sono appena tornata a casa, ho passato un paio di ore in Vucciria con la mia omonima a bere zibibbo, poi ho incontrato una mia amica e subito dopo ho ascoltato un paio di miei amici suonare, li ho salutati, mentre sorseggiavo il mio gin tonic tanto sospirato, ho chiacchierato un po’.
Quando ormai era tardi, sono andata lentamente, come se volessi ritardare il momento in cui avrei infilato la chiave della serratura dello sportello della macchina, a braccia conserte verso la strada in cui avevo posteggiato.
Ancora non va.
L’ Alcool mi scorreva dentro smontando mattone dopo mattone quello che ho costruito, muro fracco, capace di piegarsi con un alito di vento.
Con chi devo parlare?
Con chi mi devo sfogare?
Chi mi darà l’aria giusta per andare avanti.
Non posso risalire il cuore di Palermo singhiozzando ad un volante, con la radio che canta, parlando da sola non sapendo con chi. Impreco, mi arrabbio, scalcio ad un accelelatore inutilmente come se l’automobile fosse in folle, anche lei ruggisce con me.
Ed io nonostante tutto quello che ho fatto, traguardi raggiunti, bandiere sventolate, faccio passi indietri pericolosi, che mi mangiano l’anima a morsi.
Sarà che è Aprile ed il trentadue si avvicina sempre di più, come se fosse un appuntamento dal più fastidioso dei medici, che vuoi rimandare.