Dopo Satnam Sighn essere vegetariani è ancora una scelta etica?
Da quando sono venuta a conoscenza della morte atroce inflitta a Satnam Sighn mi sono chiesta se essere vegetariani o vegani sia ancora una scelta etica. Perché se abbiamo scelto di non mangiare più carni e o i suoi derivati per provare a mettere fine agli allevamenti intensivi o alla macellazione degli animali cosa dovremmo fare di fronte ad un uomo che per raccogliere le fragole e altre primizie perde un arto e viene trattato, lui, come carne da macello?
Rabbrividendo e disgustandomi ho ascoltato questa storia sentendo nella mia mente i versi introduttivi di Primo Levi e del suo “Se questo è un uomo”:
«Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.»
Tutto questo non è avvenuto durante un conflitto bellico, in un mondo non connesso dalla Rete 5G o dalla Fibra, è avvenuto praticamente in diretta dai nostri smartphone, come si accetta? Come si fa a concepire che l’Italia, oggi Latina, possa essere questo ma il Lazio non è che un caso, lo sappiamo tutti. Lo so io che vivo in Sicilia e mangio pomodorini, gli stessi che non ho più comprato per mesi, quando nel 2015 è venuta alla luce la storia di una bracciante violentata per anni dal “padrone” e costretta anche a quattro aborti: oltre a lavorare sotto il Sole, doveva subire le angherie o meglio gli stupri, sotto la Luna dell’ennesimo uomo assetato di “po-sesso”.
Cosa ha di etico la nostra scelta se la facciamo comunque in un mattatoio?