Mamma e io distrutte!

Alla cortese attenzione del sindaco Leoluca Orlando,

al presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci,

all’assessore Ruggero Razza,

al commissario Renato Costa

Finalmente al terzo tentativo dal vivo e quasi una settimana di tentativi online, dopo il blocco della piattaforma informatica per i soggetti tra i 70 e i 79 anni, riusciamo ad avere il famigerato appuntamento per la vaccinazione di mia madre, soggetto definito “fragile”: fragile come un bicchiere di cristallo, fragile come un germoglio che sta nascendo o come un bel vaso di ceramica in balia di un trasloco. L’appuntamento è fissato nella fascia tra le 17 e le 18 alla Fiera del Mediterraneo, ingresso da Via Sadat, per rispettare l’orario ci presentiamo al cancello, dove è permesso l’ingresso con l’auto, alle 16:30, anzi alle 16:36 così come dice il mio Google Maps, inizia così il pomeriggio più assurdo dell’ultimo anno da quando è scoppiata la pandemia di Covid. Piove. C’è una grossa perturbazione meteo su Palermo, fa freddo, Monte Pellegrino quasi non si vede per le nubi basse; mio padre 82 anni pronto a immolarsi, come fa sempre, lo blocco, gli dico che provo io a capire quale sarà oggi la gestione degli appuntamenti – lunedi scorso eravamo state 4 ore tornando a casa con un nulla di fatto. Piove. Così mi incammino verso il Padiglione 20, faccio a zig zag tra le auto, un piccione morto con le viscere esposte e i marciapiedi occupati dalle macerie di quella che fu la Fiera, intanto alla mia destra un silenzioso serpentone di auto sfila in attesa di fare il tampone. C’è anche questo qui, gli infetti e i potenziali infetti passano (in auto) a pochi metri da chi aspetta di essere vaccinato. Piove. Giunta al padiglione mi dicono che no, questa volta non si entra da qui ma dall’entrata laterale, di più non aggiungono, parlo con le stesse persone che il 15 marzo, quasi con atteggiamento di sfida, mi avevano detto che la patologia di mia madre sarebbe stata tutta da dimostrare prima di potere dire che era un soggetto fragile a cui dovere somministrare il Pfizer. Torno indietro, vado verso l’entrata laterale e trovo un mare di gente, chiedo ad un paio di persone già in fila dove devo andare per avere il biglietto, perchè nonostante tu abbia già un codice, devi ricevere un altro bigliettino della “riffa”, come quello che si usava alle medie quando facevi le raccolte di beneficenza, e l’informatica va a farsi benedire ma parliamo chiaro, basterebbe anche un semplice sms.

Piove. Mi avvicino a questa ulteriore parte e capisco che quella era soltanto la fine della coda, coda che iniziava direttamente sul marciapiede fuori dalla Fiera, lo capisco da sola perchè ad una persona con su scritto sulla giacca “protezione civile” al cancello mi risponde: “Non so dove si prende il ticket, si informi”. Trovo altra gente in fila, praticamente subito fuori dall’entrata delle auto, ho davanti a me almeno 70 metri di fila, fatta di esseri umani, ad aspettarmi. Piove. Le persone mi sorpassano, molte sono anziane e da sole, mi lascio superare senza dire nulla, capisco e inghiotto rospi. Arriva anche un ragazzo con la mascherina sotto la bocca, sta lì perchè ha visto gente, gli dico di andare via se non ha necessità, ma resta, parla, fa amicizia, prendo colpi di ombrello ovunque, mi cade acqua addosso. Le automobili nonostante il brutto tempo sfrecciano e schizzano con l’acqua sporca, uno di loro, affascinato a guardarci lì, come delle mucche in batteria pronte a essere munte, trascina via una transenna, per fortuna non scagliandola contro. Intanto inizia a serpeggiare la voce che in fila ci sono persone senza l’appuntamento: la Regione Siciliana ha deciso di aprire alle categorie, già aventi diritto, la possibilità di essere vaccinati dalle 18 alle 22, ieri o oggi 21 marzo, senza avere la prenotazione.

Foto di gds.it

Piove. Dopo 90 minuti sul marciapiede mi decido a chiamare il 112, perchè mi rendo conto che sta succedendo qualcosa di grave e io ci sono dentro con tutte le scarpe, bagnate: mi rispondono, mi presento, gli spiego cosa sta succendendo e l’unica cosa che sanno dirmi è: “Mi dica lei cosa dobbiamo fare?” Questo è stato l’aiuto dato. Chiudo, inghiotto rospi e continuo. Arrivo finalmente al cancello della fiera, vengo accolta subito con l’accusa di non avere la prenotazione, rispondo alla signora con la giacca “Protezione Civile” che la prenotazione ce l’ho, è in borsa perchè tra ombrello e la pioggia era inutile tenerla in mano, la mia borsa Kipling impermeabile è zuppa, non ce la fa più neanche lei, il foglio è tutto bagnato, per fortuna il resto della documentazione è in in una bustina di plastica che avevo dato alla mamma, io mi sento come quel foglio di carta bagnato. Piove. Superato questo ennesimo varco mi dicono di mettermi in fila in uno scivolo, bagnato, con una enorme pendenza, io ce la faccio, ho dietro un signore con il bastone e uno con il deambulatore, iniziamo piano piano a camminare e davanti a me ho da affrontare otto gazebo di persone stipate, senza nessuna distanza di sicurezza. Il percorso da fare non è lineare ma a serpentina, facendo il conto ho altri 80 metri di fila da fare. Inizia a fare buio, sono le 18:30, un ragazzo chiama il 112, anche stavolta fanno spallucce, dicono che non è un assembramento, gli chiede di fornire il suo nome, dall’altra parte il silenzio. Piove. Arrivo al terzo e ultimo tornante, il peggiore, quello che da un lato ha solo un muro vicino, davanti, dietro e di lato ho solo persone, temo di sentirmi male, adesso siamo completamente al buio, ho la mascherina tutta impregnata d’acqua, sopra alla fpp2 metto una chirurgica, ho paura di infettarmi, ma non riesco a respirare: mi si attacca al volto e con il tessuto sul naso non riesco a respirare bene, la levo e resto con quella bagnata, mi affido al caso, alla sfiga, alla sfortuna e maledico di essere nata in Sicilia. Piove. Sono ormai sono passate le 19 quando finalmente mi danno l’agognato bigliettino per accedere, quando sarò chiamata per l’altro turno, rivedo mia madre sotto il braccio di mio padre. Iniziano altri 15 minuti di follia: ci dicono di andare in fondo a sinistra, ma in fondo a sinistra dove, ci chiediamo tutti? Stipano tutti i fragili sono un gazebo, sembra un autobus – palermitano – all’ora di punta. Piove. Blocco mia madre e le dico: “Tu lì non ci vai”, ci mettiamo di fianco, dove ingenuamente, non si è messo nessuno, non capiamo perchè se l’entrata è a metri di distanza ci abbiano fatto spostare così. E se ci chiamano, e se non sentiamo il numero? L’ansia è alle stelle perchè dopo tutte quelle ore ho il timore di perdere l’appuntamento. Arriva un altro con la giacca “Protezione Civile”, farfuglia qualcosa e poi esclama : “Io i numeri non li so”, mi intrometto e gli urlo che abbiamo tutti un numero, aspettiamo di essere chiamati, lui deve conoscerli. Piove. Va via, torna, finalmente con un range di 50 numeri, 1300- 1350! Quello nelle mie mani è 1349!

Ci avviciniamo alla porta, sempre assembrati, un signore con la voce flebile, senza nessun tipo di ausilio, tranne la giacca “protezione civile”, inizia a chiamare i numeri, no, neanche un megafono, entriamo dopo altri 15 minuti di attesa. Siamo finalmente dentro, vedo un divano, mi seggo. Sento le mie vertebre come le tessere di un domino dopo che la prima è andata giù, aspettiamo, ci sono 100 persone prima di noi o meglio prima della mamma, io sono sempre vicino a lei. Intanto una signora mi chiede delle informazioni, mi dice che lei non ha nessuna patologia, ma ha letto che avrebbero vaccinato tutti, le spiego che non è così, stringe tra le dita il bigliettino dei fragili, senza averne diritto. I più piccoli vengono presi di mira dalla Protezione Civile, bistratti e allontanati, un ragazzo di una ventina di anni viene buttato fuori, anche lui ticket fragile senza motivo.

Alle 20:48 alla mamma viene inoculata finalmente la prima dose di Pfizer, dopo un colloquio per l’anamnesi, quasi surreale: avevo dato tutta la documentazione, la dottoressa alza il foglio della patologia di mia madre ed esclama: “Scusate ma voi perchè avete portato questo foglio?” Panico, penso di avere fatto un errore e le dico…”Perchè è la il certificato che attesta la patologia, per dimostrare che mia madre è un avente diritto, per rispettare le regole, perchè siamo persone precise”. Momento di silenzio, guarda i due al suo fianco che si occupavano della parte burocratica, poi noi e ci dice: “Non lo porta nessuno, nessuno, si limitano a scrivere cosa hanno sui moduli da compilare, e aggiunge – Ma per caso avete anche il tesserino dell’esenzione? – “Certo”, lei in giubilo. Noi una risata.

L’avventura finisce così o meglio si conclude per le vie della Fiera completamente al buio e con i piedi nelle pozzanghere e l’acqua che ci ha bagnato i calzini, ci dicono di andare via dal parcheggio, quello sotto il livello stradale, anch’esso al buio, con la pendenza di prima. Piove. 

Le mie domande sono:

Chi si assume la responsabilità di quanto accaduto?

Chi ha deciso la vaccinazione senza prenotazione?

Chi sono i responsabili dell’assembramento alla Fiera?

Chi paga se dovessimo ammalarci di Covid dopo tutte le ore immersi in un mare di gente?

Chi ha formato il personale della Protezione Civile?

Chi ha autorizzato questa immagine grafica poco chiara? PS: Inutile che andiate a modificarla perché ovviamente l’ho già archiviata su https://archive.is/wip/lmXZB #colcuore

Questa è l’immagine su Costruire Salute