L’Indice sull’uguaglianza di genere 2020 evidenzia un progresso lento, ma costante, in Europa malgrado sussistano notevoli differenze tra i singoli Paesi. In Norvegia, Francia, Regno Unito, Finlandia e Svezia le aziende sono ormai prossime al raggiungimento dell’equilibrio di genere ai vertici aziendali, a differenza di quanto accade in paesi come Polonia e Repubblica Ceca, tutt’altro che orientati alla leadership femminile. È quanto emerge dallo studio europeo presentato da EWOB, l’associazione European Women on Boards di cui Valore D è membro, che ogni anno analizza la rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione e nei vertici aziendali delle più grandi realtà europee . 

Rispetto al 2019, l’avanzamento della leadership femminile si è tradotto concretamente in un aumento delle donne CEO che oggi sono 42 (+14 rispetto all’anno scorso), delle aziende con una C-suite al femminile (oggi 129, 30 in più rispetto all’anno scorso) e in un 9% di presidenze “rosa” dei CdA aziendali (un aumento del 2%).” Commenta Päivi Jokinen, Presidente di European Women on Boards. “L’indice di Gender Diversity medio è cresciuto da 0,53 a 0,56 e il numero di aziende con un GDI superiore a 0,8 è raddoppiato, passando da 30 a 62 – ecco la vera essenza del progresso dell’uguaglianza di genere nelle aziende europee.
Il 2020 è stato anche un anno segnato da proteste sociali contro le disuguaglianze, che hanno contribuito a porre l’accento sulla necessità di maggiore inclusione e uguaglianza di genere in ambito lavorativo. I giusti presupposti, dunque, non mancano: – In un anno, è raddoppiato il numero di aziende con un’elevata rappresentanza femminile nel processo decisionale (dato misurato mediante il GDI). – è raddoppiato il numero di imprese con un indice maggiore o uguale 0,8, passando da 30 a 62 – il valore ideale dell’indice è pari a 1; – Questo miglioramento è riconducibile soprattutto al fatto che, nell’ambito della ricerca, sono ben 87 le aziende a vantare una quota femminile pari o superiore al 40% in tutti i ruoli dirigenziali: un notevole passo in avanti rispetto alle 47 imprese del 2019. – Inoltre, sono aumentate considerevolmente le donne che hanno assunto ruoli dirigenziali, rispetto a quelle che hanno deciso di lasciare la propria azienda. Mentre le donne rappresentano il 35% di tutte le nuove nomine a ruoli dirigenziali, costituiscono solo il 24% dei dimissionari.

Secondo l’UE la sotto rappresentanza femminile nei processi e ruoli decisionali dipende essenzialmente dalla perpetuazione di stereotipi di genere, dalla mancanza di un adeguato supporto alle donne e agli uomini per un corretto bilanciamento tra le proprie responsabilità familiari e lavorative, nonché dalla cultura politica e aziendale dominante nelle società.


 L’Italia si posiziona nella parte alta della classifica dei paesi analizzati registrando un indice Gender Diversity di 0,60 – leggermente superiore alla media europea – e classificandosi in sesta posizione , davanti a Olanda, Belgio e Irlanda.
  I dati raccolti indicano infatti che l’Italia ha una buona presenza di donne nei Consigli di Amministrazione anche a seguito di un impianto legislativo favorevole. Il paese ha la seconda percentuale più alta di donne a capo di Consigli di Amministratori/Consigli di Sorveglianza (22%) e registra la percentuale più alta di donne nei comitati di gestione e di controllo (45%).  Allo stesso tempo si evidenzia che la leadership femminile al difuori dei consigli di amministrazione è ancora lontana dall’essere bilanciata, infatti la percentuale di donne nei livelli esecutivi è solo del 17% contro il 33% della Norvegia e il 25% degli UK. In Italia solo il 4% delle donne sono CEO contro il 21% della Norvegia o il 15% dell’Irlanda.  


  “È grazie alla legge Golfo Mosca se oggi in Italia abbiamo migliorato la rappresentanza femminile nei Consigli di Amministrazione, ma la strada da percorrere è lunga. Ancora troppo esiguo il numero di donne ai vertici delle aziende nei livelli executive e CEO”, commenta Paola Mascaro, Presidente di Valore D“.

Oggi più che mai è indispensabile promuovere lo sviluppo della leadership inclusiva creando una pipeline di talenti femminili. È un tema centrale per la progressione della nostra società, una leva indispensabile per la ripartenza, che non è pensabile affrontare lasciando indietro una parte del paese”, conclude Mascaro.