Perché chiedere a Sanremo quello che l’Italia non fa?
Continuano gli articoli contro Sanremo e il ruolo delle donne all’interno del festival
Da femminista mi chiedo se è Sanremo a doversi occupare di disegnare la strada da percorrere per una vera parità di diritti visto che la stessa la stiamo già tracciando noi, ogni giorno, con il nostro impegno.
Come mai si è creata tutta questo aspettativa sul femminismo e Sanremo, quale sarebbe il nesso? Forse perché ultimamente si sta cercando di trasformare in un “prodotto” anche questo?
Ho la sensazione, orribile, che stia quasi diventando un passaggio obbligato da fare, ma come ogni cosa che viene fatta sforzandosi il risultato è quasi pari a zero: il “no alla violenza contro le donne” è diventato, durante le serate, quasi un messaggio ridondante che urtava contro le due donne vittime proprio nei giorni di Sanremo in Italia: una sgozzata e l’altra con il cranio sfondato a colpi di ferro da stiro.
Smettete di colpevolizzare Amadeus e la sua squadra di autori: non era un loro compito, non puoi lasciare una traccia con il “Festival della canzone italiana”, cosa puoi cambiare in cinque giorni dopo secoli di patriarcato e violenze?
L’unica cosa “utile” resta l’intervento di Rula Jebreal perché ha svelato, quasi educando, ad un pubblico etereogeneo quali tipo di domande possono essere poste alle donne dopo una violenza da parte delle autorità, alcune di queste erano relative all’interrogatorio delle due studentesse americane stuprate dai Carabinieri.
La cosa inutile invece? Il suffisso “ismo” di Fiorello, utilizzato per sminuire la portata delle accuse di sessismo. Il rischio è la derisione futura e la sottovalutazione del problema.
Per il resto se il Paese ci tiene davvero a fare qualcosa, che lo faccia davvero: da chi governa a chi sta leggendo questo post. Basta attendere che siano altri a farlo e che sia soprattutto Sanremo a farlo, ma impegnatevi ogni giorno anche in piccole cose: sassolini da lasciare su quella strada percorsa già da tante donne e qualche uomo.