La censura come spauracchio contro il sessismo
Censura, oscurantismo, bigottismo sono le parole più usate per combattere chi contrasta il sessimo veicolato quotidianamente in Rete non a caso da quando ho iniziato questa battaglia, perché di questo si tratta, l’insulto che mi viene maggiormente rivolto è bigotta. Quanto mi fare ridere, quanto? Questo aggettivo è uno dei più distanti che possa descrivermi, ma non pretendo certo che tutti possano fare la mia conoscenza ma soprattutto trovo difficile che sia io ad avere voglia di conoscere altre persone.
bigòtto agg. e s. m. (f. –a) [dal fr. bigot, in origine epiteto spreg. dato ai Normanni, forse per un loro intercalare, in ingl. ant., bī God «per Dio»]. – Di persona che mostra zelo esagerato più nelle pratiche esterne che nello spirito della religione, osservando con ostentazione e pignoleria tutte le regole del culto.
Adesso smettiamola di parlare di me e torniamo a voi, i contestatori: le motivazioni che provano a sostenere il termine “bigotta” vengono fuori da teorie così superficiali che chiamarle in questo modo è fargli un vero complimento, come ad esempio chiedersi se, nel 2020, ci si debba scandalizzare alla vista di un seno o di un sedere.
Seni? Tutti quelli che volete, sederi? Idem, ma devono essere nei contesti giusti (a volte si pecca anche in questi) non possono essere una scorciatoia per vendere più carne, per scegliere un albergo, per vendere una lavatrice o un buon amaro, continuo con gli esempi? Forse è meglio di no.
Riflettendoci bene, la parola che mi più mi atterrisce, nonostante gli insulti personali, è “censura” perché viene utilizzata davvero male: “Ancora dobbiamo scandalizzarci per un seno nudo?” Sì, se il messaggio passa attraverso richiami sessuali e se la donna o parti del suo corpo vengono utilizzati con il solo scopo di vendere qualcosa.
I messaggi errati non sono sempre espliciti, ma spesso si nascondono anche in paio di labbra socchiuse e frasi che non fanno altro che rimestare sempre nel pentolone del sesso.
La verità è che nel 2020, invece di urlare, scandalizzati, alla censura, dovremmo tutti insieme scandalizzarci per i contenuti pubblicitari che vengono proposti.
Tutte queste disattenzioni portano poi ad avere esempi come quelli di Amadeus, io ci credo che non voleva offendere nessuna delle donne sedute con lui alla conferenza stampa di Sanremo e le ascoltatrici a casa, ci credo, ma se viviamo immersi in questa cultura chi può essere scevro dallo scivolare in una battuta sessista senza accorgersene? Le segnalazioni, quindi, sono necessarie e utili per capire, in primis, che qualcosa non va e in secundis possono fare da stimolo ad andare avanti e capire l’errore nel messaggio anche se non si è donna: guarda tua madre, guarda tua figlia, guarda tua sorella.