Pablo
Pablo è sempre lo stesso ragazzo, nonostante sia cresciuto si lascia trasportare dalle sue emozioni come se fosse un treno lanciato all’impazzata senza freni.
Ieri l’ho scoperto rimproverare i suoi genitori, lui così tenero che si taglia con un grissino, intento a dire a chi lo ha messo al mondo di avere sbagliato, perché non capisce l’atteggiamento delle altre persone.
Credo che in realtà Pablo abbia tutto chiaro ma sognatore com’è non si vuole arrendere ad essere circondato sempre dagli stessi personaggi capaci di gravitargli attorno solo per avere qualcosa in cambio.
Si chiede dove siano finite le persone che si perdono in un abbraccio come fa lui, o chi ancora si riconosce in uno sguardo o in una lacrima.
Ieri avrei voluto dirgli che non è lui l’alieno, che il mondo è cambiato e che lui è rimasto indietro ma non volevo essere inopportuna, temevo che mi fraintendesse.
L’ho guardato piangere, l’ho ascoltato lottare con le sue parole per fare capire da cosa era data quella fiamma che gli ardeva dentro.
Ho aspettato che si sfogasse, che dai suoi occhi passasse l’irritazione data dalle lacrime ma dentro di lui l’infiammazione, quella cronica resta.
Conosco benissimo quella sensazione che Pablo prova, sembriamo quasi l’uno l’alter ego dell’altra, spesso quando di confrontiamo restiamo senza parole, noi che siamo due chiacchieroni, perché non certe cose che ti accadono non le puoi spiegare, vorresti che ti scivolassero addosso ma abbiamo dei fiordi su di noi che non ci permettono che questo accada.
Penetrano nelle nostre insenature, l’umidità resta ed i reumatismi della nostra anima ci accompagnano nella nostra vita.