Qui a Palermo, tra i banchi di scuola, quando di mattina si arrivava in classe e si chiedeva ai compagni se avessero studiato la lezione di storia o di scienze, si poteva ottenere da alcuni la seguente risposta: ” si sturiavo, aiu i cose attaccate ca a sputazza“…. per indicare che lo studio fosse stato, il pomeriggio precedente, davvero superficiale.

Oggi, quasi vent’ anni dopo, ho anche io questa sensazione di “sputazza” non per lo studio ma per precarietà data dal vuoto che hanno lasciato i miei fratelli partendo dall’eremo, dopo questa lunga estate, che volge al termine.

I miei 2/3 sono partiti, mi hanno aiutato, sostenuto, divertito, distratto, nutrito, ascoltato, sopportato.

Adesso che entrambi si sono allontanati fisicamente, ho l’ impressione di avere fatto un passo indietro, quando siamo insieme è tutto uguale agli anni in cui si era in sei a casa,  il tempo passa ma noi siamo sempre gli stessi tre fratelli.

Le stanze vuote mi turbano, i silenzi dati dall’assenza mi destabilizzano, ed il suono prodotto da esso grava sui miei timpani, sgomitando nella mia anima.

I miei sentimenti  prodotti anche da questi momenti, sono qualcosa di cui vado fiera, non nè ho  vergogna, sono il mio tramite verso il mondo, sia che mi facciano stare bene, sia il contrario, li vivo come è giusto che sia.

Seguo le loro tracce ed  il loro sentiero mi aiutano a riflettere su cosa sia importante nella vita, anche se oggi , devo ammettere che nonostante tutto: mi sento davvero attaccata con la “sputazza“.